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La gentilezza è gratis

Camminando per le calli di Venezia mi sono imbattuta in un ponte dal nome antico, Ponte della Cortesia. In fondo, ho pensato, i sentimenti esistono perché hanno un nome. Ma cortesia, gentilezza, ospitalità… sono diventate parole desuete. In un paese dalla vocazione turistica come è l’Italia, lo straniero è considerato automaticamente un cliente da cui trarre vantaggio oppure l’emigrante che, o torna utile, o si rispedisce al mittente. Siamo ormai assuefatti a una società dove il valore delle cose si misura in denaro, dove tutto è in vendita e nulla è gratis, neppure i sentimenti. Tanto che, quando viaggiamo altrove, siamo sospettosi e restii ad accettare i gesti di spontanea gentilezza.

Freya Stark, esploratrice del Medio Oriente negli anni Venti, racconta di essere stata sempre accolta con grande ospitalità, tanto che ne “Le Valli degli Assassini”, fra popolazioni considerate barbare, scrive: “Se mi si chiedesse di elencare i piaceri del viaggio, direi che questo è uno dei più importanti: che così spesso ed inaspettatamente si incontra il meglio della natura umana, e a vederlo così, di sorpresa e spesso in situazioni talmente improbabili, si arriva, con un piacevole senso di gratitudine, a realizzare quanto ampiamente siano sparse nel mondo la bontà e la cortesia e l’amore per le cose immateriali, che fioriscono in ogni clima, su qualsiasi terreno”.

E’ vero, il meglio dell’uomo si incontra viaggiando. Non solo perché spesso nei paesi più poveri si sono conservati valori semplici e da noi dimenticati. Ma perché anche noi siamo diversi. In viaggio siamo più fragili, privi delle abituali sicurezze e inevitabilmente soggetti a imprevisti. Basta poco: un furto, un bagaglio perso, un malessere, una prenotazione saltata, e ci troviamo in una situazione di bisogno e nella condizione di dover accettare la gentilezza e l’ospitalità anche di estranei. Insegna un maestro dell’haiku, “Non viaggiare solo per ammirare luoghi famosi, né soltanto per apprezzare il passato, ma per imparare ad accettare la cortesia degli sconosciuti”. L’ospitalità offre una grande opportunità di reciproca conoscenza, ma è anche un’arte, per chi la offre e per chi ne gode. Un’arte che dobbiamo reimparare: significa mettersi in gioco e “perdere” quelle distanze che siamo invece abituati a “prendere”. Riscopriremo il piacere dell’incontro con l’altro, che è poi quello che trasforma un viaggio qualsiasi in uno vero e speciale. E chissà che al ritorno non proviamo un po’ di vergogna vedendo l’asimmetria fra il trattamento riservato a noi stranieri e quello riservato da noi agli stranieri. Chissà che non ci venga voglia di una vita un po’ diversa, che privilegi rapporti umani e gentilezza.

Grazie per aver letto queste righe. E se vorrete continuare a leggere, un consiglio: “L’estraneo gentile“, EDT Editore, una serie di racconti in cui c’è sempre un estraneo che si prende cura del viaggiatore. Una lettura salutare in un’epoca di paura del diverso e di timori di viaggiare.

A.M.

Pubblicato su il reporter