Dopo l’approvazione a Lucca di un regolamento per cui non è ammessa, all’interno del centro storico, l’apertura di ristoranti etnici, anche la Lombardia si mette al passo con il nuovo trend e vara quella che è stata soprannominata la “legge antikebab”. Una multa fino a tremila euro per chi consuma cibo in strada. Qualcuno ha scritto che in Italia abbiamo perso il lume della ragione. Sicuramente abbiamo perso il senso del ridicolo. Anche se è improbabile che questa legge possa essere applicata, è grave il solo fatto che sia stata varata. Giusto regolare l’emissione di licenze di apertura di nuovi locali, multare quelli con carenze igieniche o gli avventori che sporcano (magari qualche cestino per i rifiuti in più sarebbe però un aiuto). Ma per questo le leggi ci sono già, basta farle rispettare. E non lo si fa con l’intolleranza. La “legge antikebab”, nata con intenti discriminatori verso i cibi etnici (ma a suo tempo erano etnici o stranieri anche patata, pomodoro, caffè, peperoncino…), di fatto penalizza e criminalizza il cibo da asporto e lo street food. Il cibo di strada ha una lunga tradizione di cultura e creatività. Anche in Italia. La pizza al taglio, la farinata, la focaccia di Recco, i panzerotti, le piadine, i gelati, le caldarroste… E’ un modo per godersi la città, per viverla, è un momento di aggregazione soprattutto per i giovani, una festa per i piccoli e per quelle tante famiglie che non possono permettersi il costo di una cena seduti. Con queste leggi si svuota e si devitalizza la città e cresce non la sicurezza ma l’intolleranza. Non voglio difendere il fast food, visto che apprezzo quel fenomeno così italiano (nonostante il nome) che è lo slow food. Personalmente, a casa e in viaggio, cerco di mangiare cibo del posto ed evito le catene internazionali. Ma la mia è una scelta, non un obbligo. E comunque volentieri e ovunque assaggio lo street food. Ovunque ad eccezione della Lombardia dove finiremo tutti a mangiarlo di nascosto chiusi in un cesso (potremmo lanciare un neologismo, il “toilet food”!!). E non perché ammalati di bulimia, ma per evitare il sovrapprezzo applicato alle consumazioni al tavolo e la multa salata di un vigile zelante se ci azzardiamo ad uscire dal locale. I cartelli con scritto “gelato da passeggio” sono diventati di fatto un’istigazione a delinquere. Chissà se dovranno multare solo il nonno che ha offerto il gelato al nipote o se sono punibili anche i minori… ma una soluzione c’è, andiamo tutti nei centri commerciali, lì potremo ancora provare il piacere proibito di passeggiare con un gelato in mano!
A.M.