La passione per l’alpinismo anche quest’estate ci sta restituendo già molte vittime. Ieri in Pakistan è morta una giovane donna, Cristina Castagna, dopo aver conquistato la vetta del Broad Peak (8.047 metri). A suo attivo aveva quattro altri ottomila. I familiari hanno trovato un biglietto scritto da lei prima di partire: “Se mi succederà qualcosa lasciatemi dove la montagna mi ha chiamato a sé“. “Le ultime parole d’amore” è il titolo del commento di Alberto Papuzzi su La Stampa. Mauro Corona, sul Corriere della Sera, lo chiama “il biglietto d’amore per la montagna“. C’è spesso la tendenza da parte degli altri alpinisti e dei media a circondare le morti “bianche” di un alone di eroismo. Ma questa morte è solo una terribile, tragica e triste conferma delle statistiche. La montagna, soprannominata K3, era il quinto ottomila di Cristina Castagna che stava ridiscendendo a valle.
Scrivevo l’agosto dello scorso anno un altro post dal titolo: “Montagna non ti tocchi chi più t’ama“. Eccone alcune righe: “Non voglio entrare nella polemiche e nel grande frastuono mediatico dato ai morti e ai sopravvissuti delle recenti tragedie in Himalaya e sulle Alpi. Confesso però di essere rimasta colpita dalle statistiche: il 25% di coloro che scalano la vetta del K2 muoiono, in genere durante la discesa. Credo sia la stessa percentuale di “insuccesso” di chi tenta il suicidio. Prima di riuscirci ci prova diverse volte. Come dire che la scalata del K2 è un tentato suicidio che una volta su quattro riesce.”
A.M.
Per un approfondimento sulla montagna: Pellegrini e alpinisti
Per i dati sulla percentuale di decessi nelle scalate degli 8000 : Ottomila